Qualche giorno fa, sistemando la scrivania, ho ritrovato il vecchio catalogo di una bici su cui ho pedalato una decina di anni fa (per par condicio non vi dirò quale).
Una bicicletta con cui mi trovano benissimo ma che, riguardandola ora, mi sembra vecchia di cent’anni.
“Ma quanto sono cambiate le bici in questi anni?”, mi sono detto.
Quante innovazioni tecniche ci sono state?
Quanto sono cambiati i materiali e le forme?
Una bici di 5 o 6 anni fa sembra già di un’altra epoca rispetto ad una moderna.
Allo stesso tempo, però, alcune idee e innovazioni, sebbene riviste e migliorate, sono sopravvissute al passare degli anni e si ritrovano anche sulle bici dei giorni nostri.
E così che è nato questo articolo, con la voglia di spulciare tra i modelli degli ultimi 40 anni (circa), per individuare 10 bici che hanno cambiato la storia delle due ruote.
Game changer, come dicono gli americani.
Siamo partiti dal 1985, cioè dalle bici dell’epoca più moderna, consapevoli che andando indietro nel tempo ci sarebbero altri modelli da prendere in considerazione.
Così come siamo consapevoli che sceglierne 10 è un po’ riduttivo.
Se pensate che manchi qualcosa di davvero importante, segnalatecelo per mail o nei commenti.
Abbiamo preso in considerazione solo bici da crono o da strada, lasciando da parte quelle da pista o usate per i record dell’ora (pensiamo a quella di Francesco Moser nel 1984, o a quella di Graeme Obree nel 1994), di cui magari ci occuperemo in un articolo specifico.
1985 - Battaglin Piranha
La Battaglin Piranha era una bici avveniristica per l’epoca.
Realizzata con telaio monoscocca in carbonio, anticipava molte delle soluzioni che avremmo visto tanti anni dopo, come i freni posteriori integrati nel telaio e il passaggio dei cavi quasi completamente a scomparsa.
Degni di nota sono la forma del manubrio a corna di bue e, soprattutto, la ruota anteriore bombata, studiata da Fir per ottimizzare l’aerodinamica.
Giovanni Battaglin l’aveva progettata e realizzata per Roberto Visentini, della Carrera.
Visentini l’avrebbe dovuta utilizzare nel prologo del Giro d’Italia 1985, ma quando i giudici la videro, non ne consentirono l’uso.
Oggi non rispetterebbe molte delle norme Uci introdotte nel corso degli anni, ma rimane comunque una progetto che ha influenzato la progettazione delle bici negli anni a seguire.
1986 - Look KG 86
L’utilizzo del carbonio in quegli anni era ancora agli albori e la fibra veniva impiegata soprattutto per modelli da pista e da crono.
La Look KG 86 fu una bici rivoluzionaria per l’epoca: realizzata a mano, utilizzava tubi in kevlar e carbonio con congiunzioni in lega leggera.
In versione ancora prototipale la utilizzarono Hinault e LeMond al Tour del 1986, vinto proprio da Greg LeMond.
C’erano ancora tante cose da migliorare, ma questo modello spianò la strada all’affermazione della fibra di carbonio nel mondo della bici.
1994 - Bianchi Paris-Roubaix
A guardarla oggi sembra una bici senza senso, ma a pensarci bene ha anticipato di parecchi anni il concetto di bicletta endurance ed i sistemi di ammortizzazione oggi utilizzati su molte modelli (ovviamente ben più raffinati).
Bianchi la realizzò appositamente per Johan Museeuw.
Il telaio era in alluminio, allestito con una forcella Rock Shox a elastomeri e un ammortizzatore posteriore.
Non conosciamo il peso, ma di certo non era contenuto.
L’utilizzo in gara non fu glorioso, poiché il fodero orizzontale del carro si ruppe pochi chilometri prima dell’arrivo, ma anche in questo caso parliamo di un modello rimasto nella storia.
1997 - Giant TCR
TCR è l'acronimo di Total Compact Road e con questo telaio Giant introdusse per la prima volta il concetto di sloping.
Un modello che rivoluzionò il modo di concepire le bici da corsa.
Fu progettato da Mike Burrows, che nel 1992 aveva creato la Lotus da pista utilizzata da Chris Boardman per conquistare l’oro olimpico nell’inseguimento.
La TCR si distingueva in maniera netta da tutti gli altri telai dell’epoca, che avevano forme e tubazioni molto classiche.
Il triangolo principale più piccolo permetteva di ottenere una bici più leggera e rigida ma, allo stesso tempo, un tubo sella più lungo garantiva maggiore flessione e quindi più comfort.
Concetti che, anche se evoluti e rivisti, ritroviamo anche sulle bici attuali.
Altra rivoluzione, che in parte è arrivata ai giorni nostri, fu quella relativa alle taglie: per la prima volta Giant proponeva solo tre misure (S, M, L), al posto del convenzionale sistema di misurazione per taglie numeriche.
Una bici indissolubilmente legata al Team Once di quegli anni e che ha cambiato per sempre il modo di progettare i telai degli anni successivi.
2001 - Cannondale Caad6
Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo secolo Cannondale si fece apprezzare dagli appassionati grazie ai telai in alluminio della serie Caad.
Le colorazioni del Team Saeco, utilizzate da Mario Cipollini, sono ancora oggi oggetti di culto tra gli appassionati.
Nel 2001, con il nuovo Caad6, Cannondale introdusse un’innovazione di grande importanza (anche se poco appariscente), ovvero il telaio con movimento centrale BB30 e la guarnitura SI appositamente predisposta.
Negli anni seguenti il BB30 sarebbe diventato lo standard più diffuso, mentre la guarnitura SI, poi Hollowgram, rappresentò un primo esperimento di integrazione tra telaio e componenti, che ritroviamo spesso sui telai di oggi.
2002 - Cervélo Soloist
I tubi a goccia e l’attenzione all’aerodinamica non erano una novità, ma fino al lancio della Soloist riguardavano quasi esclusivamente le bici da crono e da triathlon.
Con la Soloist, per la prima volta su una bici da strada, Cervélo spostò l’attenzione sulla resa aerodinamica piuttosto che sulla leggerezza.
In pratica, in grande anticipo sui tempi, introdusse il concetto di bici aero, tanto di moda ai giorni nostri.
Un mezzo caratterizzato da tubazioni schiacciate, realizzate con le tecniche Smartwall, che sacrificava qualche grammo rispetto alla concorrenza, ma che risultava più veloce e rigidissima.
Ha conquistato un posto nella storia anche grazie ai successi ottenuti negli anni a seguire dal Team CSC.
2003 - Pinarello Dogma Magnesium
Pinarello lancia la prima versione di Dogma, un nome iconico che è giunto fino ai giorni nostri.
Mentre la maggior parte di marchi inizia a puntare sul carbonio, l’azienda trevigiana va controcorrente e lancia un telaio realizzato con triangolo principale in Magnesio, foderi e forcella in carbonio.
Il magnesio prometteva di essere più leggero e rigido dell’alluminio, ma in realtà non è mai riuscito a decollare completamente nel mondo del ciclismo.
Da notare anche foderi alti del carro e la forcella Onda che, seppure con diverse modifiche e con curve molto meno marcate, sono presenti anche sui modelli attuali.
E’ stata la bici, tra gli altri, di Petacchi e Basso ai tempi della Fassa Bortolo.
2004 - Specialized Roubaix
Se la Bianchi Paris-Robaix del 1994 rappresentò una sorta di esperimento, con la prima Roubaix Specialized ha dato il via "all’era moderna” delle bici endurance.
Un mezzo che per la prima volta puntava sul comfort e sull’assorbimento delle vibrazioni, senza però sacrificare troppo prestazioni e leggerezza.
A distinguere questa bici, sin dalla prima versione, era l’utilizzo degli inserti Zertz in materiale viscoelastico pensati per assorbire le vibrazioni, che sarebbero diventati più evidenti nel 2008, con la Roubaix SL2.
Una bici che, passando tra innovazioni e miglioramenti, è arrivata ai giorni nostri conquistando ben 7 volte la Parigi-Roubaix.
Un record.
2010 - Bmc Teammachine Slr01
Bmc lancia la prima versione di Teammachine SLR01.
Un telaio innovativo che si distingueva da tutti gli altri per un carro posteriore raccolto e per l’innesto dei foderi alti del carro ribassati rispetto al piantone.
Il marchio svizzero aveva iniziato a usare questa soluzione già qualche anno prima sulle proprie bici da crono, ma per la prima volta la introduceva su un telaio da strada.
I foderi ribassati e sottili conferivano rigidità al carro posteriore, ma allo stesso tempo permettevano al piantone e al tubo sella di avere maggiore possibilità di flettere, garantendo un miglioramento del comfort.
Al tempo sembrò una stranezza, poi tutti sappiamo com’è andata a finire.
2012 - Colnago C59 disc
Sono passati 8 anni e il disco è diventato (quasi) di uso comune sulle bici da corsa.
Nel 2012 i tempi non erano ancora maturi e la novità fu vista più con scetticismo che con entusiasmo.
A Ernesto Colnago, però, va riconosciuto, ancora una volta, di aver capito in anticipo quale sarebbe stato il futuro del mercato e dunque la C59 va inserita di diritto tra le bici che hanno cambiato la storia delle due ruote.
Il carro e la forcella della C59 in carbonio erano stati modificati e irrobustiti per sopportare la maggior potenza frenante, mentre l’impianto a disco era un prototipo realizzato da Formula, visto che non esistevano gruppi da strada con comandi predisposti per l’uso del disco idraulico.
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Se vi piacciono i confronti con le bici del passato, vi consigliamo anche di gustarvi questo video pubblicato su MtbCult.it
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Sull'autore
Nicola Checcarelli
Passione infinita per la bici da strada. Il nostro claim rappresenta perfettamente il mio amore per le due ruote e, in particolare, per la bici da corsa. Ho iniziato a pedalare da bambino e non ho più smesso. Ho avuto la fortuna di fare della bici il mio lavoro, ricoprendo vari ruoli in testate di settore, in Regione Umbria per la promozione del turismo in bici, in negozi specializzati. Con BiciDaStrada.it voglio trasmettervi tutta la mia passione per le due ruote.