La bici e quella tecnologia "buona" che ci fa sentire umani

Silvia Marcozzi
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La bici e quella tecnologia "buona" che ci fa sentire umani

Silvia Marcozzi
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Il mondo non si divide in buoni e cattivi. Lo abbiamo imparato appena usciti dall’infanzia, che le cose sono sempre più complesse di così.
Nemmeno di una tecnologia (forse) si può mai dire che sia cattiva.
Eppure, lasciate che vi spieghi perché invece mi sento di dire che la bici è una tecnologia “buona”.

Si parla tanto in questo periodo di intelligenza artificiale e dei rischi a cui il suo utilizzo ci espone.
L’AI, come abbiamo imparato a chiamarla, ci dovrebbe aiutare e migliorare le nostre giornate e il nostro lavoro. Potrebbe però anche togliercelo, il lavoro, o assumere il controllo delle nostre vite.

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Ma questo, che sembra essere il grande timore su cui la fantascienza prospera, è qualcosa che è già avvenuto.
Forse non ne siamo troppo consapevoli, ma le nostre vite sono già controllate dalla tecnologia.

Abbiamo l’illusione di esserne padroni, ma a decidere a che ora ci alziamo, quali sono le priorità della nostra giornata, quanto tempo lavoreremo oggi, è sempre la tecnologia.
Una tecnologia onnipresente che ha invaso le nostre vite.

Costantemente connessi e disponibili, lasciamo che a definire un’urgenza sia un messaggio in chat, che a rovinarci la giornata sia la mail che non volevamo ricevere.
Il tempo “libero” di una pausa pranzo o tra un impegno e l’altro scivola nel buco nero dello scrolling, mentre davanti agli occhi ci scorrono cose che non abbiamo scelto noi di vedere.

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Ci sentiamo costantemente sopraffatti dalle esigenze tiranniche della tecnologia.
La casella mail è sempre troppo piena, i social aziendali vogliono attenzione continua e quelli personali ci tiranneggiano con la loro lusinga anche mentre ci godiamo il tempo in famiglia.

Di fronte a tutto questo, quella della bicicletta è una tecnologia differente.
Nonostante le nostre bici siano oggi invase dall’elettronica (cambi, motori e batterie, misuratori di potenza, radar e ciclocomputer) restano ancora una forma di tecnologia “umana”.

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Perché la bici è una tecnologia “buona”

La nostra bici se ne sta lì buona in garage ad aspettare che decidiamo di dedicarle del tempo e di portarla da qualche parte.
A volte si crea con essa un connubio tale da darci la sensazione che ci stiamo lasciando condurre da lei, senza troppo decidere né pensare.

Ma, per quanto evoluta, la bici resta una tecnologia “d’altri tempi”, che non si impone e non invade le nostre vite. Una tecnologia “buona” in tanti sensi.

Per quanta passione possiamo nutrire per lei e per quanto tempo dedicarle, non ci sentiremo mai sopraffatti da lei. Per sua stessa natura, la bici non vuole nulla da noi.

Al contrario dei social network che ci vogliono connessi, della pubblicità che ci vuole portare da qualche parte, delle mail che ci chiedono di agire, la bici senza di noi se ne sta appoggiata da qualche parte, inerte.

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Sarà anche questo a farcela amare così tanto.

Mettici anche che la bici più di ogni altro mezzo è capace di portarci fuori dagli schermi, nel mondo reale.
Lungo le strade, in cima alle salite, davanti ai panorami, là dove ci si dimentica che abbiamo bisogno di stare per stare bene.
Ed ecco che si capisce da dove ci viene questa passione che ci spinge a spendere soldi e sacrificare tempo.

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La bici ci fa sentire umani.

Con il nostro corpo a farla ancora da padrone, con il mondo reale attorno a fare da contesto e non solo da fondale.
È un antidoto potente al mondo contemporaneo dove troppe sono le cose disincarnate e tutto ci “tira per la giacchetta” per avere la nostra attenzione.

La bici è ancora, e prima di tutto, una scelta.
La scelta di dedicare del tempo a ciò che conta, a ciò che è reale, alla natura (finché abbiamo la fortuna di averne una), al movimento, alla scoperta.
Tutte cose profondamente connaturate in noi come esseri umani, che trascurare ci fa stare male e ci rende persone peggiori.

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Pochi di noi si possono permettere di spegnere tutto, di staccare dalla tecnologia, di scegliere i propri tempi.
Capita spesso di sentirsi meccanismi di un ingranaggio anche quando abbiamo la fortuna di fare cose che ci piacciono.

Questo dipende dalla natura interconnessa del mondo che abbiamo costruito.
Un mondo che ci è sfuggito di mano, anche se non ce ne siamo accorti.
Ma noi che abbiamo la fortuna di andare in bici avremo sempre un’uscita di sicurezza a ricordarci chi siamo.

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Sull'autore
Silvia Marcozzi

Vivo da sempre in equilibrio tra l’amore per lo studio e le parole - ho due lauree in lettere e un dottorato in lingue - e il bisogno di vivere e fare sport all’aperto. Mi sono occupata a lungo di libri e di eventi. Dieci anni fa sono salita su una bici da corsa e non sono più scesa, divertendomi ogni tanto a correre qualche granfondo. Da poco ho scoperto il vasto mondo dell’off-road, dal gravel alla Mtb passando per le e-Mtb, e ho definitivamente capito che la mia sarà sempre più una vita a pedali.

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