La Maglia Gialla porta bene. E di mezzo non c'è solo la gloria, il coronamento di un sogno, l'ingresso in un club esclusivo e qualche ricco contratto.
Chi vince il Tour vive più a lungo, ma non solo. Il simbolo del primato sembra essere un elisir di lunga vita per tutti coloro che dal 1919 hanno indossato anche solo per un giorno questa celebre maglia.
Ad affermarlo è una ricerca condotta dal prof. Richard Davison, docente in Fisiologia dell'esercizio all'Università della Scozia Occidentale (University of West Scotland, UWS). Tour de France 'yellow jersey' wearers live significantly longer, BASES 2021 Conference, United Kingdom, 16/11/21 - 18/11/21, il titolo della pubblicazione che al momento è in fase di revisione paritaria (peer review) con la messa a punto degli ultimi dettagli prima della pubblicazione finale.
L'evidenza scientifica è riassunta nel grafico qui sotto.
I punti neri rappresentano i ciclisti che hanno indossato la Maglia Gialla. I punti rossi, invece, indicano l'aspettativa di vita della popolazione appartenente allo stato di nascita del corridore per il medesimo anno di nascita. Il fenomeno è evidente.
Per eseguire questo studio Davison è partito da una considerazione che muove dalla sua carriera sportiva di ciclista dilettante: tra tutti gli sportivi di alto livello, i ciclisti che prendono parte alla Grande Boucle sopportano un altissimo volume d'attività fisica. Unico nel suo genere.
Secondo Davison che ha concentrato gran parte della sua carriera accademica su invecchiamento, effetti positivi dell'attività sportiva e performance nel ciclismo, i corridori d'alto livello avrebbero una maggior capacità di riparare il DNA.
In sostanza il ciclista che prende parte alla Grande Boucle sarebbe più resiliente ed in grado di affrontare meglio fattori esterni (es. raggi UV) ed interni all'organismo che generano lesioni cellulari più o meno gravi. Un orizzonte ancora tutto da scoprire. E questa ricerca è solo un primo passo.
Chi indossa la Maglia Gialla vive più a lungo: metodo e risultati
Davison ha qualificato un campione di 294 corridori che tra il 1903 ed il 2020 hanno hanno indossato per al meno un giorno la Maglia Gialla o i panni di leader della classifica (la prima Maglia Gialla della storia è stata indossata da Eugène Christophe nel 1919, ndr).
164 ciclisti sono ancora in vita mentre 129 sono deceduti. In un caso l'anagrafica risulta incompleta. Le date di nascita e di morte per ciascun profilo sono state rilevate tramite Wikipedia.
In secondo luogo Davison ha incrociato i dati con l'aspettativa di vita per stato di nascita riportata dallo Human Mortality Database e ha elaborato il tutto eseguendo il test di Mann-Whitney (confronto tra due popolazioni distribuite in modo continuo).
Al momento del decesso le Maglie Gialle presentavano un'età media superiore di 20,1 anni rispetto alla popolazione di riferimento.
Inoltre, 46 ciclisti ancora in vita hanno già oltrepassato l'aspettativa di vita media dei loro connazionali coscritti. Una dinamica che in quest'ultimo caso certifica una longevità ancora più impressionante: + 22,1 anni.
Risultati curiosi che spostano l'asticella della ricerca scientifica un po' più in alto rispetto alla letteratura esistente (es. Sanchis-Gomar et al. 2011, International Journal of Sports Medicine 32, 644-647).
Secondo Davison i limiti dello studio sono evidenti anche se l'intenzione è quella di andare sempre più a fondo visti i risultati emersi con un primo approccio.
La ricerca non tiene conto, ad esempio, di fattori sociologici (es. la Maglia Gialla gode di un benessere/tenore di vita maggiore?) e non prende in considerazione lo stile di vita a fine carriera.
Questi risultati sembrano però sfidare una convinzione comune: grandi volumi di esercizio potrebbero essere dannosi per la salute con ricadute sulla longevità.
La sfida è aperta.
Chi è il prof. Richard Davison
Professore di Fisiologia dell'esercizio all'Università della Scozia Occidentale e Presidente del 27° European College of Sport Sciences, Glasgow 2024.
Vanta oltre 30 anni d'esperienza e 60 pubblicazioni riguardo i fattori che influenzano la performance sportiva applicata al ciclismo e le risposte fisiologiche alle prove su cicloergometro. Altre aree di studio sono: l'attività e l'esercizio fisico per il benessere quotidiano della persona e di gruppi di pazienti.
È membro della redazione del Journal of Sport Medicine e del Journal of Science and Cycling.
Allenatore di 3° livello della Federazione Ciclistica Britannica ha allenato diversi campioni che hanno partecipato ai Giochi Olimpici e del Commonwealth.
Prima di intraprendere la carriera accademica è stato ciclista su strada dilettante. All'attivo 11 titoli nazionali scozzesi nel ciclismo su strada. Ha gareggiato (e talvolta battuto) Graeme Obree, già detentore del Record dell'Ora.
Cycling Science Podcast è il suo podcast dove condivide commenti e considerazioni.
Da amatore ha partecipato a diverse edizioni della Haute Route (foto sotto).
Per maggiori informazioni: research-portal.uws.ac.uk
Foto in apertura: © A.S.O. / Pauline Ballet
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Sull'autore
Giovanni Bettini
"I poveri sono matti" diceva Zavattini. Anche i ciclisti oserei dire. Sono diventato "pazzo" guardando Marco Pantani al Tour de France 1997 anche se a dire il vero qualcosa dentro si era già mosso con la mitica tappa di Chiappucci al Sestriere. Prima le gare poi le esperienze in alcune aziende del settore e le collaborazioni con le testate specializzate. La bici da strada è passione. E attenzione: passione deriva dal greco pathos, sofferenza e grande emozione.