La mancata copertura TV del Mondiale Gravel femminile e quel silenzio assordante

Silvia Marcozzi
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La mancata copertura TV del Mondiale Gravel femminile e quel silenzio assordante

Silvia Marcozzi
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Ho aspettato. E ho aspettato ancora. Perché speravo che sarebbe arrivata una dichiarazione. Non dico delle scuse, né una qualche forma di risarcimento, ma una parola, almeno. Eppure, a distanza di diversi giorni, la mancata copertura del mondiale gravel femminile sembra essere passata completamente sotto silenzio.

Se sui social diverse atlete e collettivi hanno fatto sentire la loro voce, a cui si sono aggiunti i tanti commenti degli utenti, i media sono (siamo) colpevoli di non avere alzato la voce di fronte a qualcosa che non è normale considerare normale.
La faccenda è spinosa, perché tira in ballo questioni economiche e i rapporti tra diversi attori del sistema. Anche gli organizzatori sono piuttosto contrariati su come sono andate le cose, ma quello che resta, alla fine, è una piccola sconfitta per il movimento femminile.

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Foto https://www.facebook.com/ucigravelworldseries by Simon Wilkinson/SWpix.com

L’UCI ha speso poche righe per annunciare di essere stata informata dall’organizzazione locale dell’impossibilità di coprire la gara femminile, ma a farci una brutta figura resta comunque l’UCI. Rendere obbligatoria la copertura dall’anno prossimo non è sufficiente a compensarla per il semplice fatto che la sensazione generale è stata che non ci sia stato nessun vero impegno per trovare una soluzione.

Il mondo del ciclismo femminile, sebbene in crescita costante negli ultimi anni, è fragile. Siamo ancora nella fase in cui può essere annullato da episodi come questo.

La mancata copertura del mondiale femminile è particolarmente triste perché il movimento gravel nasce sulla base dell’inclusione e della parità. Esso ha riscosso un enorme successo tra le donne, sia a livello di semplici praticanti sia a livello di agoniste.

Negli USA, dove il movimento è nato e dove trova maggiore riscontro, le gare gravel si svolgono sugli stessi percorsi per gli uomini e per le donne, con gli stessi montepremi e la stessa copertura mediatica.

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Foto https://www.facebook.com/ucigravelworldseries by Alex Whitehead/SWpix.com

Se da qui si sono levate voci di protesta, lascia invece pensare il silenzio di chi, come noi, è abituato a vedere il ciclismo femminile messo in secondo piano.
Continuiamo a sentir ripetere che il ciclismo femminile non ha futuro perchè non richiama attenzione anche dopo che il Tour de France Femmes è stato seguito da 20 milioni di spettatori.

Continuiamo a dire che è solo un problema di soldi, ma questa non può essere una giustificazione.
Mettiamola così. Se aveste due figli, un maschio e una femmina (e magari li avete) e se entrambi vi chiedessero di poter fare la stessa cosa. Ne paghereste forse il costo per concederla a vostro figlio e direste a vostra figlia: “Tesoro, non te la prendere, perchè è solo una questione di soldi”?

Io non credo. E non credo che questo sia il modo in cui vorreste vedere trattate le vostre figlie. Ma perché non succeda anche a loro dobbiamo impedire, noi per primi, che succeda oggi alle tante figlie del nostro ciclismo.

Foto d'apertura facebook.com/ucigravelworldseries by Alex Whitehead/SWpix.com

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Sull'autore
Silvia Marcozzi

Vivo da sempre in equilibrio tra l’amore per lo studio e le parole - ho due lauree in lettere e un dottorato in lingue - e il bisogno di vivere e fare sport all’aperto. Mi sono occupata a lungo di libri e di eventi. Dieci anni fa sono salita su una bici da corsa e non sono più scesa, divertendomi ogni tanto a correre qualche granfondo. Da poco ho scoperto il vasto mondo dell’off-road, dal gravel alla Mtb passando per le e-Mtb, e ho definitivamente capito che la mia sarà sempre più una vita a pedali.

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