«Solo quando si fa fatica si riesce a scavare nel profondo di noi stessi e capire i nostri valori e anche i nostri punti deboli». La mia Maratona delle Dolomiti 2024 potrebbe iniziare a finire con questa frase dell'alpinista-ciclista valdostano Hervé Barmasse.
Una prima per me a Corvara.
A cuore aperto. Senza attese o speranze se non quella di lasciarsi conquistare.
I "quasi PR" della vigilia
Mercoledì, quattro giorni prima della Maratona, parto per l'allenamento.
Faccio lo slalom tra le macchie di pioggia. Non sento una gamba stratosferica, ma l'importante è non esagerare. Decido di affrontare due salite che percorro spesso senza guardare i watt con l'unico riferimento della schermata Climb Pro di Garmin.
La gamba trova subito il rapporto e si sintonizza su quell'alchimia tra potenza, agilità ed efficienza che è ingrediente di quelle giornate da pollice all'insù.
Arrivo all'ultimo chilometro della prima salita, là dove in genere l'Edge notifica che il mio PR non è stato battuto. Non avverto nulla e mi chiedo cosa potrebbe essere successo al dispositivo: colpa dell'ultimo aggiornamento?
Vedo la fine della salita e decido di rallentare un po': in fin dei conti non sono ancora sul Giau. Passa qualche istante ed ecco la famosa notifica che è particolarmente gradita. Pur rallentando ho sfiorato il mio miglior tempo (vedi sotto)... Su tutti gli altri settori della salita ho battuto me stesso formato 2017.
Decido di fare altrettanto sulla seconda ascesa, senza strafare nel finale. Arrivo a sfiorare il personale di 2''.
Le prospettive per una buona Maratona ci sono tutte!
Maratona delle Dolomiti 2024: panta rei, tutto scorre
Giovedì mattina.
Mi sveglio e faccio colazione (la stessa che ho intenzione di fare prima del via da La Villa, vedi QUI). Passano pochi minuti e sento che qualcosa non va. La pancia "tira" e inizia una nausea piuttosto forte che sfocia in un rigetto.
Non sto pensando a nulla se non a questa scoppola che in pochi istanti mi fa piombare dentro un'altra dimensione: pesante, stanca. Torno a letto. Dormo un'ora e mezza.
Mi sveglio, non mi sento del tutto in ordine, ma decido di uscire in bici un paio d'ore per una sgambata tranquilla che, come si dice in gergo, potrebbe aiutare a "sgolfare" un po'.
Morale della favola non riesco più a tornare a casa. La salita che devo percorrere mi sembra già il Mur dl Giat.
Mi faccio la doccia e mi infilo di nuovo a letto. Mi sveglio, inizio a preparare tutto il materiale per il fine settimana, ma niente: ho un nuovo crollo. Non riesco a mangiare e l'unica cosa che tiro giù (e che sta giù) oltre all'acqua sono i sali minerali con zenzero ad azione antinausea.
Sto un po' meglio, ma mi trascino.
Lavo la bici, carico la macchina e parto per Corvara. Mi fermo a Selva di Val Gardena a cenare. Ordino una vellutata e mi sembra di mangiare un toro.
La festa e la sana adrenalina
Venerdì Pinarello mi consegna la nuova Dogma F con la quale ho intenzione di affrontare il percorso lungo: niente male come prologo di un test!
Metto a punto i dettagli, controllo le misure e faccio un giro.
L'Alta Badia è invasa dai ciclisti. Qualche screzio c'è, ma a prevalere è il rispetto. Automobilisti e motociclisti procedono rassegnati e mi interrogo sul concetto di "sostenibilità" di questo evento con le parole di Michil Costa: «Non c'è da chiedersi se amo la montagna, quanto piuttosto se la montagna ama me».
Non ho una risposta chiara.
Bene il numero chiuso a 8.000 partecipanti e forse un'altra stretta non guasterebbe, ma in fin dei conti si tratta di trovare un equilibrio economico. E l'economia da queste parti ha più di qualcosa a che fare con il turismo che è linfa di una intera comunità.
Pensate l'Alta Badia: sei paesi, 6.000 abitanti, 18.000 posti letto, 460.000 arrivi, 2.200.000 pernottamenti (1.400.000 in inverno, 800.000 in estate)...
Sabato mattina sono ospite di Technogym per la classica ride.
C'è anche Alessandro Fabian, noto triathleta italiano.
Il bello di queste iniziative alla Maratona è che mentre pedali, incontri e conosci. Senza troppe barriere e formalità. E così intreccio un dialogo con Luca Bordin, General Manager Citterio S.p.a. nota realtà dell'arredo.
Lungo la salita verso il Campolongo parliamo un po' di tutto: ciclismo, sport, famiglia, case, "sistema Italia" e sinergie tra vari settori per il bene del nostro Paese. Il bello è che scopro solo alla fine di aver a che fare con un "pezzo grosso".
In cima al passo occupiamo la strada per la foto di rito. Nessuno protesta, anzi gli altri ciclisti si scansano, le auto e le moto aspettano perché capiscono il momento.
Rientriamo alla base: vado a scoprire qualche dettaglio in più sulla smart bike Technogym Ride (foto sotto).
E non da ultimo, le nuove possibili prospettive di un marchio come Technogym nel mondo delle due ruote a pedali.
Ricordate il team MG Maglificio-Technogym con Michele Bartoli e giovani di belle speranze come Gilberto Simoni e Paolo Bettini? Chissà...
Passa un'oretta, mi avvio verso l'hotel e sulla strada del ritorno trovo un altro mito del ciclismo anni '90: Miguel Indurain.
Non sono un amante dei selfie, ma non posso rinunciare ad una foto con Miguelón. In fondo la mia prima maglia da ciclismo è stata quella della Banesto. Felpata a maniche lunghe. La mettevo anche d'estate, la conservo ancora...
Vedo Indurain in sella alla nuova Dogma F e chiedo informazioni.
È tornato ad essere un ambassador Pinarello solo da un paio di giorni. E può solo che essere così in fin dei conti.
Sorprende la disponibilità, la gentilezza e la pacatezza di Miguel che in bici, invece, era un vero "animale". Forse è proprio per questo, mi dico, che è ancora così tanto amato dal pubblico.
La mia Maratona delle Dolomiti 2024
Questo vortice di incontri ed emozioni (c'è stato anche spazio per quattro chiacchiere al bar con Luca, un lettore di bicidastrada.it), non ha cancellato i miei problemi di stomaco.
La pancia è ancora sulle montagne russe e le ore che precedono la partenza non sono facili.
Spengo la luce alle 22, ma non riesco a prendere sonno. Eppure sono stanco. Dormo tre ore e mezza e mi presento in griglia alle 6 con un lussuosissimo pettorale 171.
In partenza rivedo dopo un po' di tempo Francesco Pelosi, ex General Manager del team Vini Fantini Faizanè, nonché fondatore dell'agenzia di comunicazione Suntimes, attiva nel mondo del ciclismo e non solo.
Quasi non lo saluto e gli dico: «Pensa te dove ci dovevamo rivedere!».
Passiamo assieme gli ultimi minuti tra una chiacchiera e l'altra fino allo sparo di Claudio Canins.
Durante i primi chilometri i battiti salgono (buon segno) e sul Campolongo tengo un ritmo discreto. L'elicottero non è troppo lontano. Procedo con il mio passo, in discesa vado cauto.
Sono a ruota del fondista Federico Pellegrino.
Sul Pordoi lui si sfila io proseguo con il mio ritmo, ma la pancia brontola.
Bevo e mi alimento come da protocollo.
I carboidrati di ultima generazione possono stravolgere l'alimentazione per la Maratona (e non solo)
In discesa si svita l'aletta del Garmin e il dispositivo rimane appeso al supporto manubrio grazie al laccio.
Se avete un Edge di ultima generazione controllate le viti ogni tanto e usate sempre il laccio che ha salvato il mio ciclocomputer da un cimitero a quota 2.000.
Metto il dispositivo in tasca e proseguo a sensazione.
Sul Sella la gamba non gira come dovrebbe, ma vado avanti, tiro giù un altro gel e mi lancio in discesa.
Sul Gardena inizio a sentire il piombo nei muscoli: non mollo.
Verso la fine del secondo Campolongo quando c'è da mettere il rapporto mi sento vuoto e non la muovo, come si dice in gergo.
Mi giro e vado in hotel: proseguire significherebbe farsi del male.
Sono un po' deluso, ma che ci posso fare?
Mi faccio la doccia e metto assieme i bagagli mentre ascolto la diretta su Rai 2.
Vengo catturato da una domanda del giornalista Alberto Faustini a Hervé Barmasse (foto sotto).
La cornice è quella del fallimento che fa da seguito al racconto dei due tentativi di scalata invernale ad un 8.000 in stile alpino non andati a buon fine.
«Volevo chiedere a Hervé: cos'è il fallimento? Come si gestisce, come si riaffronta l'anno dopo o come, a un certo punto della vita, magari lo si accetta».
Risposta: «È attraverso l'esperienza del non riuscire che puoi migliorare. E se parliamo di limite... Qual è il vero limite? Il limite è quando non riesci, non quando arrivi in cima a una montagna o riesci nella tua sfida. Qui vuol dire che il limite non lo conosci ancora. Non dovremmo chiamarli fallimenti, ma esperienze. Di crescita e di vita».
È la svolta. Una "mutatio animi", la percezione del mutare delle cose e la sua accettazione come forma dell'animo.
Concludo il percorso Sellaronda al 22° posto assoluto. Non è quello che volevo però mi sembra già un successo viste le premesse della vigilia.
Ho già la testa al 2025...
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Qui sotto tutti i dettagli della 37° edizione della Maratona.
Maratona dles Dolomites 2024: la Mutatio e quei numeri che non conoscono crisi
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Sull'autore
Giovanni Bettini
"I poveri sono matti" diceva Zavattini. Anche i ciclisti oserei dire. Sono diventato "pazzo" guardando Marco Pantani al Tour de France 1997 anche se a dire il vero qualcosa dentro si era già mosso con la mitica tappa di Chiappucci al Sestriere. Prima le gare poi le esperienze in alcune aziende del settore e le collaborazioni con le testate specializzate. La bici da strada è passione. E attenzione: passione deriva dal greco pathos, sofferenza e grande emozione.