Le grandi rivalità nel ciclismo: vere o inventate? E perché ci piacciono tanto?
Veronica Micozzi
Le grandi rivalità nel ciclismo: vere o inventate? E perché ci piacciono tanto?
Veronica Micozzi
Spesso nel ciclismo (e nello sport in generale) agonismo fa rima con rivalità: ne è piena la cronaca di grandi rivalità nel ciclismo di tutti i tempi che hanno infiammato e diviso il pubblico in fazioni.
Stare di qua o di là, tifare per uno o per l’altro significa quasi abbracciare un’ideologia, una filosofia di vita…
I giornalisti ci ricamano sopra perché la rivalità - vera o presunta, pubblica o privata che sia - fa notizia, intriga, incuriosisce o, come si direbbe oggi al tempo dei social, “acchiappa i like”.
Il dualismo, del resto, in tutti i campi, semplifica la lettura dei fatti, è più facile da raccontare, permette al pubblico di identificarsi, di sentirsi parte del gioco.
Ma chissà se davvero tutte le rivalità nel ciclismo sono reali? O meglio, chissà quante sono vere e quante invece un po’ “costruite”?
La domanda mi è sorta leggendo un libro di Dario Ceccarelli, giornalista sportivo autore di “Quasi nemici”.
“Una storia di coppie contro”, così si legge nella quarta di copertina del libro, che racconta, insieme alle grandi rivalità della storia del ciclismo anche i mutamenti di un Paese che nel ciclismo si è specchiato e naturalmente anche diviso.
Parlando di rivalità nel ciclismo il pensiero di tutti va subito a Coppi e Bartali, il duo per antonomasia. Diversi nel fisico e nel carattere eppure simili nel voler sempre superare l’altro.
I simboli perfetti per un’Italia contadina che usciva stremata dalla guerra e già si ritrovava divisa tra comunisti e democristiani.
Erano nemici? Avversari sicuramente ma, proprio quando l’Italia ciclistica del dopoguerra era schierata a metà, ecco che loro due s’inventano di passarsi la borraccia e tutti a chiedersi ancora oggi chi l’ha passata a chi…
Il rispetto superava la rivalità e infatti nessuno dei due ha mai rivelato come andarono veramente le cose.
Eppure, da Coppi e Bartali fino ai giorni nostri, l’elenco dei rivali del ciclismo è lungo.
Anquetil e Poulidor: uno anticonvenzionale, l’altro più tradizionale, uno voleva essere un divo, l’altro restava attaccato alla sue radici contadine, uno elegante e con doti atletiche eccezionali, l’altro generoso e combattente.
Nacque la leggenda che Poulidor fosse l’eterno secondo e Anquetil quello che vinceva senza sforzi eccessivi, loro la alimentavano e le folle impazzivano.
Gimondi e Merckx: tutti e due volevano e potevano vincere, ma Merckx come tutti sanno era un “cannibale” e non si accontentava di vincere. Voleva stravincere.
Gimondi in questa coppia rappresenta quello che non si arrende mai, caparbio fino all’ultimo, il più grande rivale del più forte ciclista di tutti i tempi.
Le cronache raccontano che comunque in privato i due si stimassero molto…
Moser e Saronni: forse il dualismo più aspro, pare che i due si stessero davvero antipatici. E’ anche il primo di cui ho memoria diretta, li sentivo nominare da mio nonno, che teneva per Moser. Tra loro ci furono scintille, ma la loro rivalità fece bene al ciclismo, che tanto ne guadagnò in quegli anni in spettacolo e popolarità.
Sembra comunque che negli ultimi anni i due si siano riappacificati.
Bugno e Chiappucci: uno - Chiappucci - lo chiamavano El Diablo per la tenacia e la grinta; l’altro era più “angelico”, talento e classe. Hanno dichiarato che la loro fu una rivalità inventata e montata dai giornali, hanno sempre avuto uno per l’altro lealtà e rispetto.
Van der Poel e Van Aert: gli ultimi in ordine di tempo, fanno parte della generazione dei “giovani fenomeni”, sembrano in grado di fare tutto, forti atleticamente, ricchi di talento, determinazione, versatilità, la loro è una sfida senza fine, in un botta e risposta continuo, prima vince uno e poi vince l’altro. E ogni volta si ricomincia e la posta si alza…
Le rivalità famose naturalmente non sono una prerogativa solo del ciclismo.
Se ci spostiamo in altri sport, non possiamo non pensare a Max Biaggi e Valentino Rossi nel motociclismo, Nadal e Federer nel tennis, Messi e Cristiano Ronaldo nel calcio, solo per citare i primi che vengono in mente.
Le controversie tra tifosi sono sempre le stesse: chi è il più forte? Chi è il più bravo? Chi è il più completo?
Ma forse la domanda giusta sarebbe un’altra: chi è che incarna di più il mio modo di intendere questo sport? Chi mi rappresenta di più?
Le rivalità nel ciclismo e negli altri sport piacciono perché i due contendenti diventano dei modelli, degli eroi quotidiani alla portata di tutti, una proiezione di quello che vorremmo essere o fare, senza però troppa fatica.
E se De Coubertin ha provato a insegnarci che “l’importante è partecipare”, chiunque faccia o abbia fatto sport, nel suo intimo, sa bene che l’importante per essere felici è (o sarebbe) vincere.
Quindi, grazie a tutti i rivali veri o immaginati che il ciclismo da sempre ci propone, per l’illusione che ci regalano di competere e magari di vincere insieme a loro.
Se volete leggere il libro che ha ispirato questo articolo, Quasi nemici di Dario Ceccarelli, edito da Minerva, potete acquistarlo QUI su Amazon.
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(Foto di apertura: pagina Facebook La Petite Reine)
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Sull'autore
Veronica Micozzi
Mi piace leggere, scrivere, ascoltare. Mi piacciono le storie. Mi piace lo sport. Mi piacciono le novità. Mi piace la sana follia che anima i seguaci della bici. E credo di aver capito perché vi (ci) piace tanto la bicicletta, al di là della tecnica, delle capacità, dell’agonismo: è per quella libertà, o illusione, di poter andare ovunque, di poter raggiungere qualsiasi vetta, di poter superare i propri limiti che solo le due ruote sanno regalarti…