Non puoi andare in bici da corsa ovunque.
Non solo: non puoi nemmeno andarci sempre in bici da corsa.
Mi spiego meglio: ci sono due limitazioni all'uso della bici da corsa generate dal traffico veicolare e dal giorno della settimana.
Alcune strade il fine settimana diventano impraticabili in bici.
Punto.
Il Codice della Strada non vieta il transito alle biciclette, ma il proprio buon senso dovrebbe.
Faccio un esempio.
Sabato 29 giugno.
Sono in bici da corsa dalle mie parti, Subiaco, in provincia di Roma.
Fra le strade che ho preso ci sono la strada regionale Sublacense e la strada statale Tiburtina.
Il buon senso di cui sopra mi fa pensare che non dovrei scegliere quelle strade, ma lo faccio comunque.
Tanto traffico, tanti turisti che da Roma vengono dalle mie parti.
Subiaco, Monte Livata, Altipiani di Arcinazzo, Cervara e via dicendo.
I turisti vengono in auto e nonostante un traffico sostenuto le auto procedono regolari, a velocità moderate e si vedono ben pochi sorpassi.
In fondo è sabato, è un giorno di relax, ma perché avere fretta?
Ci sono anche i motociclisti.
Che del passo moderato delle auto si fanno beffa.
Il sorpasso è spregiudicato e la velocità folle.
Non guidano tutti così, è vero, ma quel sabato erano pochi quelli che guidavano con il sale in zucca.
Al punto da farmi venire paura.
Sono verso la fine della mia uscita.
Fa molto caldo, sono stanco e procedo a ritmo moderato.
Sempre attento ad occupare una piccola porzione di strada.
Sono vicino a Cineto Romano e dalla direzione opposta alla mia sento arrivare l’ennesimo gruppo di motociclisti.
La velocità è altissima, nonostante la strada sia piena di auto.
Non so più dove mettermi.
In quel preciso momento alla mia destra c’è un guard rail molto alto.
Avrei voluto uscire dall’asfalto, allontanarmi e fermarmi per lasciarli passare.
Alle mie spalle sento altre moto che arrivano e non vanno piano.
Davanti intanto stanno sorpassando e hanno già invaso la mia corsia.
Mi volto, alzo la mano per segnalare la mia presenza alle moto che arrivano dietro di me.
Ho una luce led rossa lampeggiante (il Varia di Garmin), ma la immagino diventare invisibile e inutile.
I due gruppi di motociclisti passano indenni.
Un fragore assordante.
Amo i motori, ma non quando la paura mi corre lungo la schiena.
Tiro un sospiro.
Proseguo.
Sono attonito e ho paura di imbattermi in altri motociclisti.
Adesso devo riuscire a superare questi 6 km di Tiburtina, dopo di che la strada diventerà un po' più larga e sicura.
Passano un paio di chilometri, sono quasi a Roviano e davanti mi trovo delle auto in coda.
E’ successo qualcosa.
La coda è piccola.
Avanzo con cautela.
Dev’essere appena successo.
Non ci sono ancora i soccorsi.
Vedo una moto a terra in mezzo alla strada.
C’è ancora il motociclista addosso alla moto.
Deve avere una gamba rotta perché è messa in una posizione assurda.
Ma lui non si muove.
Né si lamenta.
C’è del sangue.
Un’enormità.
Il casco è ancora in testa.
Rallento.
Sono terrorizzato.
Ci sono diverse persone intorno, ma nessuno si sta curando di questo motociclista.
Forse hanno già capito che non c’è più niente da fare?
All’esterno della curva ce n’è un altro.
Incassato fra l’asfalto e il ciglio della strada.
Ci sono persone intorno a lui.
Forse costui ha ancora qualche chance di vita?
Qualcuno si allontana, sopraffatto dal vomito.
Io rallento sempre di più.
Davanti ai miei occhi questa scena: un rivolo di sangue che scorre insieme ai liquidi della moto.
Liquido di raffreddamento e sangue.
O magari benzina e sangue.
Che scorrono appaiati sull’asfalto sotto ai miei occhi.
Stanno per sbarrarmi la strada, ma riesco a passare senza toccarli con le gomme della bici.
Com’è possibile tutto questo?
Il traffico è immobile.
Le persone non sanno cosa fare.
Siamo tutti malcapitati spettatori di uno scenario infernale.
Ognuno reagisce secondo la propria sensibilità e capacità.
A questo punto mi fermo, mi accantono.
Anche io non so cosa fare.
Quel motociclista è lì immobile in mezzo alla strada.
E’ chiaro che è morto.
Sull’altro stanno adoperandosi delle persone con fare consapevole.
Forse esperto.
Chiedo ad una persona che come me assiste a tutto ciò se i soccorsi sono stati chiamati.
Immagino già la risposta, ma per coscienza lo chiedo lo stesso.
Annuisce.
E’ pallido e spaurito più di me.
Forse ha visto tutto?
Non chiedo nulla, perché non posso fare nulla, né tanto meno mostrare curiosità per una scena così macabra.
A quel punto decido di andare via.
Mi rimetto sulla strada verso Subiaco.
Il traffico sembra sospeso.
La velocità è bassa.
Non si sentono, né si vedono più moto.
Chi mi sorpassa in auto ha visto esattamente ciò che ho visto io.
Adesso come fai a far finta di niente?
Prego.
Dico una preghiera per quelle due persone.
Che fino poco fa erano motociclisti e se avessi potuto gliene avrei dette quattro.
“Andatevene a girare in pista!”
Questo gli avrei detto.
E loro:
“Andatevene sulle ciclabili!”
Allora ho deciso di scriverlo.
E mostrarvi, da una riguardosa distanza, ciò che resta di quello scontro frontale fra due moto alla curva della diga di Roviano sulla SS 5 Tiburtina di sabato 29 giugno 2024.
Un mazzo di fiori sulla destra, da cui parte quella lunga nera orribile striscia di sangue e olio fino a raggiungere l’altra corsia, tagliando in due la strada.
Un taglio visibile fra la vita e la morte.
Provaci tu a far finta di niente.
Amo la vita e amo la bici, ma con la bici da corsa non posso andare ovunque fintanto che sulla strada c'è chi riesce a far finta di niente.
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Sull'autore
Simone Lanciotti
Dalla Mtb, alla bici da strada, passando per una e-Mtb e se capita anche una gravel bike. La bicicletta è splendida in tutte le sue forme e su BiciDaStrada.it, di cui sono il fondatore e il direttore, ci concentriamo sulla tecnica, sulle emozioni, sui modi per migliorarsi e soprattutto sul divertimento. Quello che fa bene al cuore, alle gambe e alla mente. Pedali agganciati!