Omar Di Felice racconta la Trans Am Bike Race: scelte tecniche, alimentazione, curiosità...

Nicola Checcarelli
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Omar Di Felice racconta la Trans Am Bike Race: scelte tecniche, alimentazione, curiosità...

Nicola Checcarelli
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Sono passate poco più di due settimane da quando Omar Di Felice ha vinto la Trans Am Bike Race, una delle più lunghe e famose gare di ultracycling unsupported al mondo.
Quasi 7.000 chilometri, con 58.900 metri di dislivello, percorsi in 18 giorni, 10 ore e 13 minuti.

Omar Di Felice racconta la Trans Am Bike Race

Foto @Rand Milam

Dei dati di quell'impresa e di quanti chilometri al giorno ha pedalato Omar abbiamo parlato in questo articolo, ma le cose da raccontare su un’impresa del genere sono ancora tante.

Probabilmente qualcosa avrete già letto, ma in una lunga e piacevole chiacchierata con l’ultracyclist romano abbiamo cercato di approfondire molti altri dettagli, dalle scelte tecniche, all’alimentazione, dalla gestione del sonno al recupero post gara.

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- Omar, prima di tutto facciamo chiarezza su cos’è la Trans Am Bike Race e in cosa si differenzia dalla RAAM (Race Across America)…

- Sono entrambe Coast to Coast, ma la differenza fondamentale sta nel fatto che la RAAM è con supporto, dunque con ammiraglia e staff al seguito, mentre la Trans Am è senza assistenza.
Nel primo caso devi pensare solo a pedalare, perché c’è chi fa tutto il resto per te, nel secondo caso devi occuparti di tutto da solo: portare dietro l’abbigliamento necessario, sistemare la bici, decidere dove e cosa mangiare, quando e dove dormire.

E’ diverso anche il percorso: la RAAM misura circa 5.000 chilometri, la Trans Am circa 7.000 chilometri.

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- L’obiettivo però è lo stesso, cioè arrivare nel minor tempo possibile, giusto?

- Esatto, si tratta in ogni caso di competizioni. Alcuni pensano che le gare con supporto siano quelle serie e le unsupported invece una sorta di vacanza, ma non è così.
In entrambi i casi conta arrivare prima al traguardo, decidendo quanto e come pedalare. Per i primi il livello di prestazione è simile.

L’aspetto su cui vale la pena riflettere, invece, è che l’ultracycling con supporto è uno sport molto oneroso. Oltre al viaggio devi organizzare uno staff di 8-10 persone, noleggiare almeno 2 mezzi, un camper. Insomma, non è per tutti.

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L’Ultracycling senza assistenza è molto più “democratico” sotto questo punto di vista. Richiede meno spese e per questo permette ad un numero più ampio di persone di partecipare, anche con spirito diverso, meno agonistico. Per intenderci, se vai a vedere il tracker c’è ancora gente in strada.
E’ anche per questo motivo che negli ultimi anni le principali gare di ultracycling stanno andando in questa direzione. A mio avviso il futuro è questo.

- Quanto costa partecipare alla Trans Am?

- Fino all’anno scorso l'iscrizione era 200 dollari. Quest’anno hanno fatto un esperimento, cioè costo d’iscrizione a donazione. Una roba pazzesca.
E’ chiaro che poi vanno aggiunti i costi per il viaggio, per mangiare e dormire, ma tutto sommato è una spesa non proibitiva. Considera che c’è anche chi decide di non dormire in Motel, ma di bivaccare all’aperto, dove capita.

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- Come si svolge la gara? Chi effettua i controlli sui partecipanti?

- L’organizzazione fornisce una traccia Gps che deve essere seguita in maniera precisa, pena la squalifica. Ogni atleta è monitorato costantemente tramite un tracker Gps, che mostra la posizione e la correttezza del percorso.

La cosa particolare è che alla Trans America ci sono dei volontari che controllano continuamente il tracker degli atleti. C’è anche gente che va in strada a verificare il passaggio effettivo dei partecipanti.

Omar Di Felice racconta la Trans Am Bike Race

Foto @Elisa Raney

- Ne hai già parlato, ma qual è stato il momento più difficile?

- Il momento più difficile è stato quello finale, quando negli ultimi due giorni ho dovuto affrontare condizioni meteo che non erano assolutamente preventivate. In genere in Virginia, in estate, ci sono temperature come in Italia al mare. Invece ci siamo trovati a pedalare a 5-6° sotto una pioggia torrenziale e senza l’abbigliamento adeguato.

Non pensavo di dover affrontare questo maltempo e avevo spedito tutto l’abbigliamento pesante all’arrivo. L’ultima notte ero al limite dell’ipotermia, mi sono dovuto fermare qualche ora per riscaldarmi e ho rischiato di perdere il vantaggio che avevo accumulato.

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La pioggia torrenziale e il freddo, senza l'abbigliamento adeguato, hanno messo in grande difficoltà anche uno come Omar, abituato a pedalare nel grande freddo.

- Avevi spedito l’abbigliamento per essere più leggero?

- Esatto. Il bello della Trans America è che puoi utilizzare i servizi pubblici, come le poste, durante la gara. Dunque puoi spedire abbigliamento o altri accessori all’arrivo, oppure in un altro ufficio postale lungo il percorso. L’unica condizione è che debbano essere servizi a disposizione di tutti, perciò se spedisci presso un ufficio postale va bene, se spedisci a casa di un amico non va bene.

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- E invece il momento più bello?

- Sicuramente gli ultimi 15 km. Dopo 48 ore di maltempo ha smesso di piovere, ero arrivato sul lungomare e ho capito che ce l’avrei fatta a vincere.

- Entriamo nei dettagli tecnici. Come si gestisce l’alimentazione in un evento così lungo ed estremo?

- Sei autonomo in tutto, dunque anche nel mangiare. Ovviamente per un discorso di leggerezza e praticità non ti puoi portare dietro integratori o altro.
In America ti affidi alle Gas Station, dove trovi un sacco di schifezze. Invece di mangiare le barrette energetiche mangi gelati confezionati, barrette dolci, bevande zuccherate. Se hai bisogno di proteine ti butti sugli hamburger. 

Siamo tutti nelle stesse condizioni e tutti dobbiamo mangiare così.
Per fortuna per me non è un grosso problema, perché nelle mie avventure estreme mi sono sempre dovuto adattare un po’ a quello che trovavo.
L’unica cosa a cui stare attenti è la provenienza dei cibi e la loro conservazione, per evitare intossicazioni.

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- Quanti chili hai perso dalla partenza all’arrivo?

- Ho perso 4,5 chili. Alla partenza pesavo 62,5 kg, all’arrivo 58.

- Parliamo di sonno. Tra i primi sei uno di quelli che ha dormito di più?

- Esatto! Ho scelto di riposare di più e poi pedalare più forte, che a mio avviso è il futuro dell’ultracycling. Dormire un certo monte di ore ti fa andare in strada lucido e permette performance migliori.
L’altra filosofia è quella di dormire pochissimo e pedalare più piano, ma il più possibile. In questo caso, però, subentra anche un fattore di scarsa sicurezza, perché pedalare in condizioni di privazione totale del sonno può essere davvero pericoloso.

- In media quanto hai dormito a notte?

- Ho dormito circa 3 ore a notte, a cui aggiungere il prima e il dopo (doccia, lavatrice veloce, caffè). La sosta giornaliera, in totale, durava in media 4 ore, 4 ore 30 minuti.
Alla partenza mi ero imposto di dormire almeno 3 ore a notte. A volte mi sono dovuto anche forzare per farlo. Infatti nei primi giorni, con gli altri che dormivano il meno possibile, ero piuttosto indietro in classifica. Nel lungo periodo, però, la strategia ha pagato.

Omar Di Felice racconta la Trans Am Bike Race

- Che abbigliamento hai portato con te?

- Si cerca di caricare meno cose possibili, per avere la bici più leggera e meno ingombrante. Nella prima parte, quella in cui affronti anche le montagne, ho portato anche un kit invernale, che poi ho spedito.
Nella seconda parte ho fatto tutto con un completino estivo, un pantaloncino di scorta e una giacca antipioggia.

Omar Di Felice racconta la Trans Am Bike Race

- Non hai pubblicato i dati di potenza. Non avevi il powermeter?

- Esatto. Io uso molto il misuratore di potenza in allenamento.
Quando sono in gara, invece, voglio avere meno condizionamenti possibile e mi affido soprattutto alle sensazioni e all’esperienza. Controllo ogni tanto il cardio, ma tanto in una gara del genere difficilmente riesci ad andare oltre la Z2 alta/Z3 bassa.
Il misuratore in questo tipo di gara alla fine lo ritengo una cosa superflua e qualcosa in più a cui pensare (come ad esempio ricaricare la batteria).

- Che rapporti hai usato?

- Ho usato un gruppo Shimano Dura-Ace Di2 12v con il 50-34 sull’anteriore e l’11-30 al posteriore, ma ti faccio una confidenza: non erano i rapporti che avevo scelto...
In genere utilizzo sempre il 52-36. Prima di partire per la Trans Am ho cambiato tutta la trasmissione insieme al mio staff, ma per errore abbiamo montato il 50-34. Io non ho controllato e me ne sono accorto solo quando ero in America.
Sono stato tentato di andare a cercare una nuova guarnitura in extremis, ma poi ho deciso di non stressarmi e partire con questa combinazione di rapporti.

Alla fine, in una prova così lunga e senza la necessità di andare in gruppo a 60 km/h, pedalare leggermente più agile si è rivelato un vantaggio a livello muscolare.

Omar Di Felice racconta la Trans Am Bike Race

- A proposito, che cadenza di pedalata utilizzi in genere?

- Piuttosto alta per questo tipo di competizioni. Provo a non scendere mai sotto le 90 rpm in pianura e tra le 75 e le 80 rpm in salita. E’ chiaro che dopo un po’, quando sei molto stanco, tendi a calare la cadenza per fare contrazioni muscolari un po’ meno veloci.

- Altri dettagli della bici?

- Ho utilizzato una Wilier Filante SLR con grafica dedicata per la Trans Am Bike Race. Qualcuno si aspettava che per una prova così lunga utilizzassi una bici endurance, tipo la Granturismo SLR, ma per me si trattava comunque di una gara, in cui cercare la massima performance, dunque ho preferito una bici più veloce e con un’impostazione più racing.
Risparmiare qualche watt grazie all’aerodinamica della bici e alla mia posizione in sella è determinante in una gara così lunga.

Anche per questo ho scelto di non montare il manubrio integrato Filante Bar, ma manubrio e attacco tradizionali, che mi hanno consentito di applicare poggiagomiti e appendici da triathlon. Ho scelto un modello Profile Design perché aveva dei poggiagomiti particolari, dotati di molla, che quando non stai in posizione si alzano e ti permettono di utilizzare senza problemi anche la presa alta, utile soprattutto in salita.

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Foto @Rand Milam

- Qual è stata la scelta in merito a ruote e gomme? Copertoncino o tubeless?

- Per le ruote, per le stesse ragioni legate alla scelta del telaio, ho optato per le Dura Ace C50, dunque ad alto profilo. Rigide e molto aerodinamiche.
Gomme rigorosamente tubeless, come di consueto. Ho usato i Continental GP5000 S TR e li ho cambiati più o meno a metà percorso, cioè dopo 3.500 chilometri. Non erano finiti, ma avevo già forato un paio di volte e non volevo correre rischi.

Nella stessa sosta ho cambiato anche la catena. Anche in questo caso non era arrivata alla fine, ma ho preferito essere prudente. Per rendere la sosta più veloce, mentre il meccanico dell’officina mi cambiava la catena, io mi sono montato i tubeless nuovi.

Omar Di Felice racconta la Trans Am Bike Race

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- Che pressioni di gonfiaggio hai utilizzato?

- Sono partito a circa 6 bar, un po’ più di quella che uso normalmente. In America le strade sono lisce come un biliardo e, soprattutto, ho dovuto tenere conto che per diversi giorni non avrei potuto rigonfiare, dunque la pressione sarebbe calata.
Al primo check, dopo circa 4 giorni, la pressione era scesa a 4,5 bar.

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- Rimaniamo sui componenti? Che sella hai usato? Il soprasella immagino che sia un punto abbasta critico in prove del genere…

- Da quest’anno sono passato alla San Marco Aspide Supercomfort nella versione short. E’ stato un po’ un azzardo, perché ero abituato alla versione classica, lunga, ma mi sono trovato bene. Ho dovuto solo lavorare per modificare leggermente la posizione, spostandomi un po’ in avanti.
Per il resto sono abbastanza abituato a stare tanto in sella e non ho particolari problemi.

Unica accortezza, utilizzo un modello di sella senza scafo in carbonio, quindi un po’ “meno estrema”, in grado di assorbire meglio le vibrazioni del terreno.

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- Quanto tempo serve al fisico per recuperare completamente da uno sforzo del genere? E in che modo si recupera.

- Dopo la Trans Am avevo già degli impegni programmati e ho affrontato il percorso lungo della Maratona delle Dolomiti e poi un viaggio in Norvegia. Diciamo non il massimo per ottimizzare il recupero. La cosa migliore sarebbe stare tranquilli a casa, dormire il più possibile e fare qualche passeggiata in bici di un paio d’ore.

Con queste accortezze, almeno dal punto di vista fisico, in circa un mese si può recuperare completamente.
Poi però c’è la testa, che a mio avviso necessita di più tempo per ricaricarsi.

Mi spiego meglio: se dal punto di vista fisico sarei pronto per un altro obiettivo dopo un mese e mezzo, non lo sarei dal punto di vista mentale.  In così poco tempo è difficile ritrovare la motivazione per allenarsi bene e affrontare sforzi di quella portata…

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- A proposito di aspetto mentale, un’ultima domanda. Come gestisci un evento estremo come la Trans Am? Hai una strategia? A cosa pensi mentre pedali?

- Io in realtà in queste situazioni cerco di pensare il meno possibile.
Non penso all’arrivo, a quanti chilometri mancano, ma cerco di andare per obiettivi quotidiani, passo dopo passo.
Per il resto cerco di gustarmi il momento, di godermi il panorama, anche perché lo sforzo è lungo, ma non intenso, e hai tempo di farlo. Il bello dell’ultracycling è anche questo…

Per maggiori informazioni sulla Trans Am Bike Race: transambikerace.com

Foto d'apertura @Elisa Raney

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Sull'autore
Nicola Checcarelli

Passione infinita per la bici da strada. Il nostro claim rappresenta perfettamente il mio amore per le due ruote e, in particolare, per la bici da corsa. Ho iniziato a pedalare da bambino e non ho più smesso. Ho avuto la fortuna di fare della bici il mio lavoro, ricoprendo vari ruoli in testate di settore, in Regione Umbria per la promozione del turismo in bici, in negozi specializzati. Con BiciDaStrada.it voglio trasmettervi tutta la mia passione per le due ruote.

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