Tante cadute al Tour? La causa è solo una…

Nicola Checcarelli
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Tante cadute al Tour? La causa è solo una…

Nicola Checcarelli
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Ieri abbiamo visto veramente tante cadute al Tour de France.
Nel corso della prima tappa, una buona metà dei corridori in gruppo sono finiti a terra, la maggior parte dei quali per fortuna senza conseguenze gravi.

E' andata peggio a Rafael Walls, che si è fratturato la clavicola, e a Philippe Gilbert, che ha rotto di nuovo la rotula sinistra già infortunata nel 2018.

Tante cadute al Tour




Ma come mai ci sono state così tante cadute?
Si è scritto di tutto: colpa dei freni a disco, delle gomme troppo gonfie, delle bici troppo leggere (ma il limite a 6,8 kg esiste ormai da anni), delle ruote ad alto profilo (si usano dalla fine degli anni '90).

In realtà la causa è solo una: quella particolare condizione di aderenza quasi nulla che si viene a creare quando piove, dopo settimane che non lo faceva.
L’acqua si mescola con lo “sporco” presente sulla sede stradale (olio, diesel, salsedine) creando una patina scivolosa come il ghiaccio.

Non a caso abbiamo visto corridori (ricordiamo che sono professionisti, non sprovveduti), cadere non solo in discesa, ma addirittura in pianura, magari per aver toccato una striscia bianca dell’asfalto con la ruota non perfettamente dritta o aver frenato in modo troppo brusco (ne vediamo qualcuna nel video qui sotto).

Se non vi siete mai trovati a pedalare in una condizione del genere, è una situazione difficile da spiegare.
Se invece vi è capitato, sapete bene di cosa si tratta.

E’ necessario un po’ di tempo prima che la pioggia “lavi” la strada e si torni ad una condizione di aderenza “normale”, seppure ridotta a causa del bagnato.

E’ vero, utilizzare ruote a profilo più basso e una pressione delle gomme ridotta può aiutare ad avere una bici più stabile, ma in quelle condizioni di asfalto non cambia molto.
L’unica cosa da fare è procedere con prudenza e a velocità ridotta, esattamente il contrario di quello che si fa in gara.

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Foto facebook.com/letour - Gruber Images

E il freno a disco?
Come era facile immaginare la situazione che si è venuta a creare a Nizza ha contribuito a fomentare la polemica tra chi non ama le bici disc brake.

In realtà, l’unica questione tecnica su cui può avere senso discutere, è la differenza di prestazioni in frenata tra freno a disco e freno tradizionale, che in condizioni estreme come quelle di ieri (specie in situazioni di emergenza) può davvero rappresentare un pericolo.
I tempi di frenata sono diversi e questo aumenta il rischio di contatti e “tamponamenti”.

Una questione su cui i corridori, i team e l’UCI dovranno discutere, cercando di arrivare ad una scelta comune.
Alla fine sarà l’UCI a imporre per tutti l’uso del disco?
Nel prossimo futuro potrebbe essere qualcosa di più di una semplice provocazione.

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E la scelta del gruppo di procedere ad andatura controllata?
Da un punto di vista televisivo non è stato un bello spettacolo.

Ma se ci mettiamo nei panni dei corridori, specie di quelli di classifica, riteniamo che sia difficile non comprenderla, almeno in parte.
Se non giusta, almeno giustificabile, soprattutto in una stagione complicata come questa, dove le possibilità di gareggiare sono state, e (probabilmente) saranno, ridotte.

Se avessero fatto la corsa, sarebbero arrivati in pochi, col rischio grosso di farsi male (basta vedere cosa è successo a Miguel Angel Lopez quando l’Astana ha provato a forzare) e buttare alle ortiche mesi di preparazione.
Un conto è una corsa di un giorno, un conto è una gara di tre settimane.
Giocarsi un tour alla roulette russa, a nostro avviso, non è sportivamente giusto.

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Foto facebook.com/letour - Alex Broadway

Una scelta (che ha trovato d’accordo il gruppo quasi all’unanimità) che può essere condivisa o meno dagli appassionati, ma che non deve essere per forza occasione per fare polemica.

Nelle ultime settimane abbiamo visto questi ragazzi correre con 40 gradi e pochi giorni dopo affrontare piogge torrenziali e grandinate, senza mai fermarsi e senza lamentarsi (anche quando forse sarebbe stato giusto farlo).
Se ieri hanno deciso in questo modo, un motivo ci sarà…

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Foto d'apertura facebook.com/letour - Gruber Images



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Sull'autore
Nicola Checcarelli

Passione infinita per la bici da strada. Il nostro claim rappresenta perfettamente il mio amore per le due ruote e, in particolare, per la bici da corsa. Ho iniziato a pedalare da bambino e non ho più smesso. Ho avuto la fortuna di fare della bici il mio lavoro, ricoprendo vari ruoli in testate di settore, in Regione Umbria per la promozione del turismo in bici, in negozi specializzati. Con BiciDaStrada.it voglio trasmettervi tutta la mia passione per le due ruote.

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