SIENA - Mi sono ritrovato, in un attimo, nel centro di un gruppo di ciclisti, lanciati a 60 all’ora dopo oltre 25 anni.
Quando mi hanno proposto di partecipare alla GF Strade Bianche (dopo aver seguito la gara dei pro’ il giorno prima) ho risposto di sì senza troppo esitare.
Perché no?
In fondo si parla di un evento che, per chi ha confidenza e proviene dall’offroad, è ciò che più si avvicina al concetto di gara su strada.
Anche se, in effetti, la GF Strade Bianche è tutto fuorché una gara su strada canonica.
E mi ritrovo qui, ad afferrare il manubrio di una bici lanciata a 60 all’ora, in mezzo a oltre 5000 concorrenti, con il cervello che automaticamente (ma direi anche istintivamente) riattiva le dinamiche comportamentali e le scaltrezze di un ciclista agonista di 17 anni.
Perché di questo parliamo: io, in gara, non sono più io.
E credo che su questo qualunque agonista può essere d’accordo.
Ma ciò che per me è stato fantastico è l’essermene accorto all’improvviso insieme alla sensazione di essere di nuovo un ciclista su strada fomentato dalla gara.
Calma Simone, calma…
Mi dico che sono qui per lavoro e per raccogliere emozioni e sensazioni in gara e metto un freno a quell’animale che vorrebbe vedermi lottare con i miei pari su ogni strappo.
Calma…
E lascio sfilare un po’ il gruppo.
Controllo i numeri del Garmin e ripenso alle parole di Nicola (Checcarelli) che prima di partire mi aveva consigliato di tenere a bada il ritmo all’inizio della gara perché nel finale ci sarebbe stato da penare.
Ok.
Torno in me, torno in modalità giornalista, mi godo il panorama e soprattutto lo sterrato delle colline senesi.
Che tutto è fuorché impegnativo a livello di guida.
E la Cannondale Synapse Carbon con gomme sostanzialmente da strada è più che adeguata alla situazione.
Guardo giù e il Garmin mi dice che sto andando bene, la velocità media è vicina a quella di un’uscita molto tirata e proseguo.
Il primo tratto di sterrato, dopo 20 km di gara, è il più polveroso perché il gruppo è ancora folto, ma è l’occasione per me di capire come si comporta questa bici su uno sterrato a 35-40 all’ora.
Tutto bene e proseguo motivato.
Le gomme molto gonfie penalizzano il comfort, ma riducono di molto il rischio di forature.
Intorno, intanto, c’è un ecatombe di forature.
Lo sterrato non perdona e mi concentro sulla strada, cercando di lasciare spazio fra la mia ruota anteriore e la posteriore di chi mi precede.
Studio chi mi capita davanti per capire se è meritevole di fiducia in discesa.
Guardo come si muove, se ruota le spalle e quanto frena.
E spesso mi rendo conto che devo fare la mia traiettoria, lasciando stare chi ho davanti, allargando o stringendo più del dovuto al solo scopo di tenere alta velocità in discesa.
Ne sorpasso molti, ma solo quando posso perché non tutti hanno la mia stessa confidenza con i terreni sdrucciolevoli.
Tranquilli, sono soprattutto un biker, non mi sto dando delle arie.
Arriva il secondo tratto di sterrato e questo è lungo (5,8 km) e molto variegato.
Continuo a guardare il Garmin e a preoccuparmi della frequenza cardiaca: è bassa per l’impegno che sto facendo sui pedali.
E infatti a fine gara le statistiche diranno che per il 54% del tempo sono stato nella zona di potenza Z2.
Ripenso ancora alle parole di Nicola e intanto a Radi, dopo 40 Km, arriva il momento di scegliere quale percorso fare.
Sono partito per fare il lungo e lungo sia.
Sto abbastanza bene, sono motivato e soprattutto curioso di assaggiare questo percorso dopo averlo visto il giorno prima a velocità decisamente non ciclistiche (o dovrei dire non umane) dietro ai pro’.
Ecco, questa è una cosa a cui non devo pensare perché mi viene lo sconforto: mi ricordo dei vari passaggi, delle curve e di tante altre situazioni di gara di ieri e… oggi siamo letteralmente fermi!
Ovvio.
Di cosa ti stupisci?
Eppure… io non riesco a non stupirmene!
E ripenso alla distanza (atletica, umana e psicologica) che c’è fra un ciclista come me e un pro’.
Anche l’ultimo dei pro’.
Vado avanti e intanto in un attimo arrivo alla fine dello sterrato a Buonconvento.
Ho pedalato per 58 km e da adesso, sempre ripensando alle parole di Nicola, è il momento di rifiatare un po’ e mangiare.
MA… qui c’è un “ma” grosso come una casa.
In effetti in tasca ho due gel, ma vorrei non usarli perché… beh, vedete ne ho mangiati tanti quanto ero un giovane ciclista impallinato che ora proprio non ne posso più.
E preferisco una fetta di crostata o un panino al prosciutto e una breve sosta al prossimo ristoro.
Bene, tengo duro, ma intanto gli altri concorrenti spingono sui 40-45 all’ora e decido di non mollare la scia di chi mi precede anche se questo mi costa un po’ di fatica.
Mi guardo intorno e cerco, ma è più corretto dire che spero di trovare un gruppetto che viaggi secondo il mio ritmo.
Ma invano.
Mi accodo e in breve mi ritrovo nella pancia di un gruppone che viaggia bene.
E lì dentro si sta una favola, lo sapete.
Si fanno i 40-45 all’ora senza battere ciglio.
In un attimo mi ritrovo a Monteroni d’Arbia, dopo 70 km, per il 4º segmento di sterrato.
Che fra l’altro è il più lungo, 9,5 km, e anche il più difficile, soprattutto per la salita.
Ma quando arriva il secondo ristoro?
Rallento un po’, mi guardo intorno, guardo le bici dei concorrenti.
E poi a San Martino in Grania, al 76º Km arriva il ristoro.
Si fermano praticamente tutti.
Cerco di non perdere tempo, ma il mio animo turistico e giornalistico prende il sopravvento.
Parlo di qua, parlo di là, un paio di video e mi accorgo che le soste ai ristori, oggi, durano almeno 30 minuti e senza che io me ne accorga.
Vabbè, della classifica, oggi, possono non curarmene perché ho un altro obiettivo: raccontarvi questa gara.
Bella scusa, no?
Riparto con lo stomaco “impegnato” e con le gambe brillanti.
A questo punto sono circa a metà gara e a metà dislivello (circa 1000 metri già coperti).
Riparto e il ciclista animale di 17 anni che mi porto dentro ruggisce e per un attimo mi lascio andare.
Poi però le gambe mi riportano alla dimensione reale.
Stai calmo…
Hai una buona scusa, oggi, per non curarti della classifica e infatti decido di fermarmi per immortalare in un video il paesaggio intorno.
Che è il vero protagonista, insieme allo sterrato.
Magnifico!
Si esce dallo sterrato e sulla strada che porta verso Castelnuovo di Berardenga è calato il silenzio.
Ognuno sta con le sue forze e la propria fatica.
Vale anche per me e con gli occhi cerco il profilo caratteristico di Siena, ben sapendo che fra me e questa cittadina, dopo 102 Km, non c'è una linea retta a separarci, ma un percorso che è ancora tortuoso, agitato e non scontato.
Piacevolmente tortuoso, agitato e non scontato.
Un pensiero alla bici che sto usando: è la 3ª uscita che faccio e mi sembra la mia bici di sempre.
E siccome sono su strade che non conosco non percepisco il suo peso di circa 9 Kg.
Scorre bene su asfalto e quando il fondo è sconnesso è più morbida di una bici da strada super tirata.
In un primo momento ho pensato che ciò dipendesse solo dalle gomme da 28 mm e dalla sella Fabric molto imbottita, ma in questo momento, dopo oltre 100 Km di gara, sono sempre più convinto che sia merito soprattutto del telaio.
In fondo le gomme sono a 6,8 bar la posteriore e a poco meno l’anteriore (considerando che 7 bar è la pressione massima suggerita da Vittoria).
E da maniaco delle prestazioni comincio a immaginare questa bici con un montaggio più raffinato.
Alle ruote, al manubrio, forse al gruppo e di certo il pacco pignoni 11-34 di cui non conosco il peso, però…
No, calma, mi dico: oggi il 34x34 mi servirà.
Non tanto sulla salita finale di Santa Caterina, quanto sugli ultimi strappi di sterrato, quelli più ripidi, dove non sempre ci si può alzare sui pedali e bisogna fare appello a tutta la forza delle gambe.
E inizio a ragionare su questa scala pignoni 11-34…
Se si vuole stare in gruppo, meglio toglierla, perché il salto di cadenza fra i vari pignoni è troppo alto e si rischia di continuo di pedalare troppo “duro” oppure troppo agile.
Se si va da soli o ad un’andatura più controllata allora è una delle migliori soluzioni (abbinata a un 50x34 davanti) per andare ovunque.
E oggi a me ha dato pensieri solo nel tratto in pianura dopo Buonconvento dove abbiamo viaggiato in pianura a un ritmo non proprio banale…
Assorbito da questi pensieri mi ritrovo al 3º e ultimo ristoro, dopo 104 Km.
Mi fermo, più per timore di finire la benza piuttosto che per una necessità immediata.
E, ahimè, anche qui mi accorgo solo dopo di essermi fermato per circa 30 minuti.
Quando invece pensavo che la sosta non fosse stata più lunga di 10 minuti…
Col senno di poi vi dico che ero più stanco di quello che credessi in quel momento.
Poco importa: riparto e questa volta sono determinato a fare gli ultimi 40 km pensando a pedalare.
Decido che solo a Siena tirerò di nuovo fuori lo smartphone per i video e mi godo la strada e ciò che c’è intorno.
Ho smesso da tempo di pensare ai pro’ e alle loro folli velocità e sono impegnato nella mia personale impresa.
In questo momento sono impegnato nello sfruttare al massimo i continui saliscendi alla maniera che avrei fatto in Mtb.
Ossia, andare il più veloce possibile in discesa per guadagnare un certo abbrivio per la salita successiva.
Ma a quanto pare non la pensano così tanti, troppi, altri concorrenti.
Che frenano tantissimo in discesa, come se rallentare prima dell’imminente salita servisse a raccogliere le forze.
Non so, non dico nulla, non penso nulla e cerco di fare la mia strada.
Mettendo a tacere per l’ultima volta quell’animale di 17 anni che inizia anche lui a essere stanco.
Per fortuna.
Vediamo, sono partito con il pettorale 1342 e dovrei essere grosso modo nella medesima posizione in classifica.
Sono stanco, ma i Km stanno passando con rapidità perché, lo ammetto, ho smesso di gareggiare.
Ho perso, più o meno volutamente, il piglio agonistico o forse semplicemente il treno di quei concorrenti più "ingarellati" che ai ristori, magari, riescono a non fermarsi.
O almeno a non fermarsi così a lungo.
Insomma, in questo momento si delinea davanti a me un’altra distanza.
Non solo quella fra il ciclista e il ciclista professionista, ma anche quella fra il ciclista e il ciclista agonista (amatoriale), cioè colui che si allena con l’obiettivo della classifica e con l’abitudine agli sforzi massimali, anche in allenamento.
Ed è tanta roba…
Siena però in un attimo me la ritrovo davanti e riconosco la strada percorsa il giorno prima dentro la macchina Shimano 3.
E non vi dico a che velocità, ma a questo punto credo che lo possiate immaginare…
Ci siamo, ultimo chilometro, ultima salita, ultime grandi emozioni.
Mi guardo le gambe coperte di una crosta di polvere e sudore (e per fortuna che il cielo è nuvoloso) come accade nelle gare di mountain bike.
I manicotti impolverati.
La Synapse impolverata e all’improvviso mi viene da pensare splendidamente impolverata.
Qualche concorrente la sta facendo a piedi, mentre io ringrazio Cannondale che ha scelto un rapporto 1:1 come rapporto più agile per questa bici.
E vado su relativamente facile.
Non ho assolutamente fretta, mi sto assaporando quest’ultima stilla di Strade Bianche e mi sento l’eroe che volevo essere stamattina quando mi immaginavo qui, ora, alla fine, impolverato, ma felice.
Basta poco per sentirsi eroi in bici, lo sapete, anche se si diventa eroi in una maniera diversa da quella che si legge sui giornali.
Eroi per aver messo sui pedali questo coraggio e per essere usciti dal seminato.
Lo rifarei, guarda, lo rifarei anche domani.
Intanto il pavimento del centro storico di Siena mi fa sussultare.
E’ sparita la fatica, ammesso che di fatica si sia mai trattato, entro nei vicoli e lascio scorrere la bici.
Non pedalo, me la gusto, me la godo, mi guardo intorno e riconosco la Siena che qualche anno fa avevo visitato con mia moglie, giro a destra e si apre la vista sul Campanile del Duomo di Siena, quello che da lontano, oggi, ogni tanto è stato il mio faro.
La velocità aumenta e il traguardo, ormai, è questione di poche centinaia di metri.
La magia dell’ultimo chilometro mi pervade.
Piazza del Campo si apre di colpo, spalanca il cuore e gli occhi e chiude questa magnifica storia.
Che non finisce qui: ora vi invito a guardare il video seguente che racchiude e aggiunge anche dell’altro a quanto finora descritto.
La GF Strade Bianche 2019 è un evento speciale perché mette in contatto il ciclista di oggi con le strade e il ciclismo di una volta.
E allo stesso tempo crea il collegamento che mancava fra la bici da strada e la mountain bike.
Solo in Italia un evento così romantico, moderno e raffinato poteva aver un simile successo.
Davvero molto bravi gli organizzatori.
E la bici utilizzata?
Dopo la gara ho speso qualche minuto per fare delle foto alla Cannondale Synapse Carbon (qui tutte le info).
Evitando accuratamente di toccarla, perché da maniaco quale sono, per me tutto ciò che la strada o il sentiero posa sulla bici è un piccolo prodigioso regalo.
Qualcosa di naturale come poche altre cose, artistico e autentico allo stesso tempo.
Chi va in Mtb, forse (e sottolineo forse), mi capisce.
Ma veniamo al dunque…
Ciò che state per leggere è una piccola anteprima del test che uscirà nelle prossime settimane.
Feeling immediato
Ho solo abbassato al massimo l’attacco manubrio per simulare il più possibile la posizione che sono solito tenere.
Poi, geometria e componenti mi hanno fatto sentire a casa da subito.
Reattiva più di quanto immagini
Ecco, su questo mi ha stupito davvero.
Spingere sui pedali significa assicurarsi un’accelerazione più rapida di quanto l’indole non racing della bici suggerisca.
Se vuoi andare forte la Synapse Carbon sa assecondarti.
E con un paio di ruote più performanti…
Certo, non è leggera…
In gara non me ne sono accorto più di tanto perché la strada era nuova per me.
Ma sollevarla e spostarla durante le varie soste ai ristori mi ha un po’ scoraggiato.
Tenete a mente, però, che è una bici per andare lontano e per pedalare a un ritmo costante, soprattutto con questo allestimento.
E si è rivelata una compagna affidabilissima alla GF Strade Bianche.
L'Ultegra DI2 è (quasi) meglio del Dura-Ace
Lo abbiamo detto più volte: il Dura-Ace è sicuramente più raffinato e anche più leggero, ma il mix di qualità, prezzo e prestazioni dell'Ultegra è davvero difficile da battere.
E avere un cambio elettromeccanico così rapido e preciso, anche con la polvere, ha fatto sì che ogni cambiata fosse un vero piacere.
La catena è stata lubrificata per bene al mattino e per tutta la gara non ha mai dato noie o rumori.
Un test dentro al test che la GF Strade Bianche 2019 mi ha permesso di fare.
Il prezzo è giusto
Con un prezzo di 4499€ non è una bici inarrivabile come purtroppo capita fra le bici che testiamo.
E il sottoscritto ha chiesto a Cannondale proprio questo allestimento per potervi raccontare com’è e come va una bici non "presidenziale".
E vi anticipo che mi è piaciuta, più di quanto la bilancia lascerebbe pensare.
E adesso?
Adesso, venerdì 15 marzo, sto ancora cercando di recuperare le fatiche (più che altro emotive) della Strade Bianche dei pro’.
Poi passerò a quelle fisiche della gara di domenica 10 marzo.
Intanto, però, non mi fermo di certo perché la strada e il sentiero hanno ancora molto da raccontare.
Qui altre racconti in stile Storie di strada
PS: per la cronaca ho chiuso in 1725ª posizione e dei due gel in tasca ne ho mangiato solo uno. Ammesso che vi interessi…
Condividi con
Tags
Sull'autore
Simone Lanciotti
Dalla Mtb, alla bici da strada, passando per una e-Mtb e se capita anche una gravel bike. La bicicletta è splendida in tutte le sue forme e su BiciDaStrada.it, di cui sono il fondatore e il direttore, ci concentriamo sulla tecnica, sulle emozioni, sui modi per migliorarsi e soprattutto sul divertimento. Quello che fa bene al cuore, alle gambe e alla mente. Pedali agganciati!