Si può vincere senza gare nelle gambe?
Evidentemente (oggi) sì, come ha dimostrato Tadej Pogačar con l’impresa alla Strade Bianche 2024. Lo sloveno non correva da ottobre, si è presentato a Siena dopo cinque mesi di allenamenti, ma senza gare nelle gambe. Non solo ha vinto, ma ha distrutto gli avversari. Una cosa che fino a qualche tempo fa nel ciclismo di alto livello veniva considerata impossibile…
Okay, Pogačar è un fenomeno e su questo non si discute, ma nel ciclismo professionistico moderno è una situazione non più così rara. Anche senza vincere, tanti corridori si presentano al debutto stagionale già molto competitivi.
E’ merito della metodologia dell'allenamento che negli ultimi anni si è evoluta non poco e anche di una mentalità, di chi pedala e di chi allena, che è molto diversa da quella di qualche anno fa.
Ma per un “comune mortale”, un appassionato con il gusto dell’agonismo, vale lo stesso discorso? Lasciamo perdere la vittoria, ma è possibile fare una bella prestazione senza aver partecipato a nessuna gara prima, anche senza ritiri al caldo e allenamenti dietro motore che per i Pro' di alto livello sono diventati la normalità?
Approfondiamo il discorso.
La genetica conta? Sì, fino a un certo punto...
A livello assoluto non ci si può paragonare a certi campioni, ma in generale i fattori genetici non sono tutto.
Ovviamente c'è chi è più predisposto a partire in modo “brillante” sin dalle prime gare di stagione e chi ci mette di più a carburare. A volte è un discorso fisiologico, altre è un fattore mentale. Fatto sta che non tutti siamo uguali.
La genetica, però, non deve essere un alibi. Quello che Madre Natura non ci fornisce, molte volte si può compensare con il lavoro e con la determinazione che si ha nel raggiungere un determinato obiettivo.
Allenamento e pianificazione
Il modo di allenarsi e di pianificare le competizioni è cambiato molto, soprattutto tra i professionisti, ma di riflesso anche tra gli amatori.
Anni fa era la prassi fare tanto volume e poca intensità fino a febbraio, sfruttando le prime gare di stagione per cercare il primo vero “ritmo gara”.
Ora non è più possibile, perché tra i Pro’ non ci si può più permettere di andare alle gare per allenarsi. Un po’ per gli interessi degli sponsor, un po’ perché serve essere competitivi da subito, perché il ritmo è sempre più alto e con un approccio “old style” non si terminerebbero le corse. O si farebbe una fatica disumana e controproducente alla crescita della condizione.
I ritmi così elevati sono la conseguenza di uno stress sempre maggiore ed una necessità di atleti e team di essere sempre presenti (e competitivi) negli appuntamenti importanti.
Ma questa “frenesia” in un certo senso si ritrova anche tra gli amatori, che vanno sempre più forte e iniziano a correre prima di alcuni Pro' (se poi questo abbia senso o meno è un altro discorso).
L'esigenza di andare forte sin da subito ha obbligato tutti a rivedere i piani, cambiando completamente approccio durante la stagione invernale.
La pianificazione è più precisa e il controllo dei dati è maniacale.
Molti professionisti, tra cui Pogačar, hanno un approccio di tipo “polarizzato”: l'80% delle ore di allenamento settimanale sono dedicate alla bassa intensità e il 20% alle intensità molto alte, cioè al di sopra della soglia anaerobica.
Nel polarizzato vengono trascurati, o comunque hanno meno importanza, gli allenamenti alla soglia anaerobica e ad un ritmo leggermente inferiore, che un tempo erano ritenuti indispensabili per un atleta di endurance, soprattutto nelle fasi di costruzione della condizione.
L'approccio polarizzato si basa su tante ore in Z1-Z2 (80% del tempo), che aumentano il numero e l'efficienza dei mitocondri (ne abbiamo parlato QUI), e sul fare del vero ritmo gara quando necessario (20% del tempo). Ciò assicura all'atleta di avere sempre il motore acceso, anche in pieno inverno.
L’allenamento polarizzato, però, non è per tutti, perché serve molto tempo a disposizione ed una precisione maniacale per far sì che funzioni veramente.
Per questo motivo in ambito amatoriale si utilizza più spesso un approccio “piramidale”, in cui si allenano tutte le zone di lavoro in modo progressivo, partendo da intensità più basse nei primi mesi della preparazione, per poi aumentare il ritmo pian piano che ci si avvicina alle gare. Anche questo metodo, però, negli ultimi anni è stato rivisto e anche nella prima fase si inseriscono dei lavori di qualità.
Un’altra metodologia recente, che si presta molto bene per chi vuole andar forte sin dalle prime gare ma durante l’inverno ha poco tempo per allenarsi, è la periodizzazione inversa, di cui abbiamo parlato qui:
In inverno hai poco tempo per allenarti in bici? Leggi qui...
In generale, per vincere senza gare nelle gambe bisogna “aprire” anche in inverno.
Occorre farlo con criterio, per evitare che la condizione crolli dopo un mese di gare, ma mantenere il motore acceso e non perdere la capacità di far fatica aiuta sia a livello fisico, sia a livello mentale.
Lo “stacco” di fine stagione
Un'altra differenza importante rispetto al passato riguarda la gestione e la durata del periodo di stacco o transizione tra una stagione e l'altra. Anche perché a livello professionistico il calendario gare attuale prevede una pausa veramente breve: si corre fino a novembre e si ricomincia a gennaio.
Ormai sono pochi i ciclisti professionisti che staccano completamente e se fanno uno stacco del genere dura al massimo due settimane. Anche se periodi di recupero sono spesso previsti durante la stagione, in base al calendario di ogni singolo atleta.
In ambito amatoriale il discorso è diverso e uno stacco completo potrebbe essere addirittura controproducente per la successiva ripresa, soprattutto quando l’età avanza.
Sembra banale, ma il periodo di stacco incide molto sulla gestione degli allenamenti e sulla resa nelle prime gare della stagione successiva. Tra gli amatori è ancora più importante non avere un “de-training” elevato nel periodo di transizione, perché poi le ore per allenarsi durante l’inverno sono decisamente inferiori rispetto a quelle che hanno a disposizione i professionisti.
Abbiamo approfondito il discorso in questo articolo:
Ciclismo e stacco di fine stagione: sì o no? Ne abbiamo parlato con un coach
Correre poco e bene: è la scelta vincente?
Per un ciclista amatoriale il discorso non è tanto vincere senza gare nelle gambe, quanto divertirsi in gara senza correre per forza tutte le domeniche. Perché la partecipazione alle gare va incastrata con i vari impegni lavorativi e familiari e non deve diventare una fonte di stress.
In realtà, questo è un approccio vincente, a patto di lavorare con metodo e senza avere fretta. Innanzitutto si possono pianificare bene gli appuntamenti “clou”, sfruttando i fine settimana senza gare per fare volume e i giorni infrasettimanali per lavorare sulla qualità, anche sui rulli volendo. Inoltre, mentalmente è meno stressante e si può dedicare il tempo necessario anche agli impegni extra bici o agli altri hobby.
Un altro vantaggio è dato dal fatto che durante gli allenamenti, anche quelli più duri, si ha un certo controllo e raramente si torna a casa “finiti” come un calzino. In gara entra in ballo l'adrenalina e spesso si dà più di quanto si ha a disposizione: bastano 2-3 gare “tirate” in un periodo di particolare stanchezza per portarsi dietro gli strascichi nelle settimane o nei mesi successivi. Non solo quando si pedala, ma pure nella vita di tutti i giorni e questo non va bene…
Okay, il richiamo dell'agonismo è sempre forte, ma gestire al meglio tante gare durante la stagione non è facile e così correre poco e bene potrebbe essere la scelta vincente.
In conclusione...
Abbiamo visto che per i professionisti vincere senza gare nelle gambe non è più così raro.
Lasciando da parte i Pro’, a livello amatoriale l’aspetto interessante è che fare una bella gara senza correre tutte le domeniche è possibile e anche consigliato dalla maggior parte dei preparatori atletici.
È importante non fare uno stacco eccessivo tra una stagione e l'altra, dedicare il giusto tempo agli allenamenti ad alta intensità (anche se mentalmente non è facile, a volte) e affiancarsi ad un preparatore atletico qualificato, almeno se avete in mente di intraprendere un percorso di allenamento mirato.
Che “la gara sia il migliore allenamento” è in parte vero, ma c'è anche tanto altro da fare per arrivare preparati alla competizione e per raggiungere un livello di condizione solido e duraturo.
Pensare che il ritmo gara si faccia solo in gara è fuorviante e poco rispettoso verso chi studia e lavora nell'ambito della scienza dell'allenamento.
QUI gli altri articoli sull'allenamento pubblicati su bicidastrada.it
Foto d'apertura strade-bianche.it
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Sull'autore
Daniele Concordia
Ciao, sono Daniele Concordia, biker di nascita ma occasionalmente anche stradista. Corro in Mtb da molti anni, ma ho corso anche su strada da Juniores e U23. Scrivo prevalentemente su MtbCult.it, ma qui sotto troverete anche i miei articoli su BiciDaStrada.it. Qui tutti i miei articoli pubblicati su MtbCult: https://www.bicidastrada.it/chi-siamo/daniele-concordia/